lunedì 7 febbraio 2011

La storia di Angela nei gulag giudiziari, parte 1

... sul foglio bianco avevo tracciato una linea oblunga
cui avevo dato il nome di "fantasma". Nel gioco che era
seguito, con la psicologa avevamo deciso di chiamarlo
"Pisello"
(Angela L., "Rapita dalla giustizia", Ed. Rizzoli)
Vi vogliamo qui raccontare la storia di una bambina milanese obbligata dalle istituzioni ad accusare falsamente il padre Salvatore di pedofilia e per questo allontanata dalla famiglia di origine per ben dieci anni. Dopo il ricongiungimento la piccola Angela, ormai cresciuta, decide di pubblicare un libro in cui racconta la propria storia, dal momento in cui a 6 anni viene prelevata da scuola per essere condotta in orfanotrofio a quello in cui finalmente, raggiunta la maggiore età, si ricongiunge con i suoi familiari. Salvatore oggi può riabbracciare la figlia, ma solo dopo aver trascorso due anni e mezzo di carcere preventivo: in Cassazione, ove viene definitivamente riconosciuto il fatto che Angela è stata manipolata da psicologhe e PM e costretta suo malgrado ad avanzare simili accuse, viene infatti assolto per non aver commesso il fatto. In questo racconto riveleremo innanzitutto le modalità attraverso cui oscure associazioni di matrice femminista e i loro lacchè delle Procure e dei Tribunali l’hanno costretta a produrre quel genere di calunnie.

La storia inizia quando una cugina di Angela, Antonella, decide di accusare Salvatore, per quella che si scoprirà successivamente essere stata una vendetta personale, di aver abusato sessualmente della figlia piccola. Messo al corrente del fatto, il Tribunale dei minori incarica una psicologa del Cismai, tale Luisa Della Rosa, di eseguire delle perizie sulla bambina. Un disegno raffigurante un fantasma è la prova che condanna Angela a dieci anni di inferno: nella concezione femminista infatti, la rappresentazione di spettri da parte di bambini è segno inequivocabile di abusi pedofili subiti da parte del padre. Tuttavia, come testimonia la stessa Angela nel suo libro e in diverse interviste (e come viene confermato in Tribunale da agenti della polizia), il disegno sarebbe stato in qualche maniera forzato dalla medesima “esperta”: «smettila di disegnare bambole, a me interessano solo letti e fantasmi» le avrebbe intimato. Il fatto rilevante è che nella prima audizione in cui era assente il perito di parte della famiglia e la bambina era rimasta sola con la psicologa del Tribunale, questa ha improvvisamente cessato di fare i soliti disegni tracciando sul foglio di carta una figura oblunga a cui ha dato il nome di fantasma "Pisello". Il manufatto, allegato alla relazione in cui la Della Rosa esprime la certezza di una «grande e palpabile sofferenza, compatibile con esperienze traumatiche di natura sessuale», viene inoltrato al Tribunale dei minori, che solo ed unicamente sulla base di quello stabilisce il perentorio allontanamento della piccola dalla sua famiglia. Nessuna altra prova psico-diagnostica di abusi è stata prodotta in quei colloqui, così come nessuno si è minimamente sognato di eseguire delle perizie e dei riscontri sulle parole della cugina Antonella, peraltro affetta da manifesti problemi psichiatrici.

Il 24 novembre 1995, all’età di sette anni, Angela viene prelevata a scuola da due carabinieri in divisa e da un’assistente sociale e condotta presso un centro di affido familiare (Caf) gestito guarda caso dal Cismai: il Comune di Milano verserà a tale associazione per il mantenimento della bambina la spropositata cifra di 150 milioni di lire (corrispondenti ai 4 milioni di retta mensile), conto peraltro poi ripresentato al padre alla fine della vicenda. Evidentemente i nostri del Cismai hanno capito come si può lucrare sulla pelle dei bambini... ma questo non è l'unico scopo che simili individui si prefiggono. Si deve infatti sapere che, in perfetto accordo con i dettami della cultura femminista ormai radicata in questo genere di ambienti, per tali persone è assolutamente vitale smantellare le famiglie, che odiano visceralmente (si veda ad esempio http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2010/11/01/famiglia-la-tomba-delle-donne/ o http://vogliamotuttopisa.noblogs.org/post/2011/02/12/la-violenza-sulle-donne-una-questione-di-famiglia%E2%80%A6/), facendo incarcerare i padri con false accuse di pedofilia.

Il 26 gennaio 1996 il pm di Milano Pietro Forno, incaricato di condurre l'inchiesta, fa arrestare Salvatore con l'accusa di violenza sessuale su minore: alle 5 del mattino l'uomo viene ammanettato davanti all'altro figlio di dodici anni e portato nel penitenziario di San Vittore, dove rimarrà per due anni e mezzo. Solo successivamente Forno si preoccupa di creare prove tangibili da portare in Tribunale (per gente come lui, i sospettati vanno incarcerati senza evidenze e i processi sono solo inutile burocrazia); a tal scopo, decide di assegnare ad Antonella l'incarico di recarsi al Caf in cui è detenuta Angela per cercare di convincerla a calunniare definitivamente il padre con dichiarazioni chiare e concise. Ed è a quel periodo che risale un’intercettazione resa da un membro direttivo del Cismai, Marinella Malacrea, in cui la signora afferma testualmente che
con Forno rimango poi d’accordo che farò bastare gli elementi che ho… informo Forno che se non riuscirò a produrre un minimo di alleanza [con la bambina testimone, ndr] non mi pare utile farle un esame psicologico, sarebbe [non si capisce la parola] oltre che controproducente
il tentativo non sortisce gli effetti sperati: la bambina non capisce neanche quello che si richiede da lei, talmente tenera era l’età. Dunque si ricorre all’arma del ricatto: in sede di interrogatorio, la solita delegata Cismai istruisce la piccola su cosa dire di fronte alle telecamere, promettendole con un inganno spudorato che se avesse ripetuto tutto a menadito avrebbe rivisto la mamma da cui era stata sottratta ormai da quasi un anno. Ed è in questa maniera che ad Angela viene estorta l'orribile confessione: la bambina, di fronte allo spietato ricatto, annuisce alle accuse formulate dalla psicologa con brevi cenni della testa, inconsapevole che quelle conferme sarebbero state usate contro il suo papà che tanto l'amava.

Ma non è finita qui: uno psicologo del Tribunale dei minori, sempre probabilmente su sollecitazione del Cismai, contatta la madre di Angela, Raffaella, comunicandole che se anche lei avesse fornito alla Procura elementi utili a sostenere il processo penale contro il marito (siamo dunque di fronte ad una vera e propria istigazione alla calunnia), avrebbe potuto rivedere la figlia. Per tutta risposta la donna, convinta fino in fondo dell’innocenza del compagno, si incatena davanti al Caf per cercare di attirare l’attenzione dei media sulla vicenda e al tempo stesso di far sapere ad Angela che non l’aveva abbandonata. Il Tribunale decide così di trasferire la bambina in un altro gulag femminista in maniera da recidere completamente i rapporti tra madre e figlia; il destino della piccola rimarrà ignoto alla sua famiglia per lunghi anni.

Continua...

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